Caso Clinico
Mi contatta al telefono un ragazzo di 24 anni, della provincia di Ancona per prendere un appuntamento presso il mio studio. Mi dice che ha visto il mio nominativo su Internet e che ha avuto una buona impressione. Ci accordiamo per un appuntamento.
Al telefono esprime già il forte desiderio di incontrarci non mi dice di che cosa si tratta. Due giorni dopo la telefonata lo accolgo nel mio studio.
Il ragazzo appare curato nel vestiario nella capigliatura, è gentile e sorridente inoltre presenta una forte curiosità nel voler comprendere meglio se stesso e quelli che mi racconta essere ormai i disturbi che non riesce a gestire e che gli impediscono un vivere sereno.
E’ da circa un anno che ha disturbi nell’agire e nel pensare. Dice: mi sento come incatenato tra mente e agire. Pensieri che non vorrebbe tradurre in gesti ma che non riesce a non compiere come rituali che gli servono a gestire il caos che gli si crea in molte situazioni del quotidiano.
Durante questa prima seduta mi racconta che gli piace molto lavorare nell’azienda agricola di famiglia. Mi racconta inoltre che nella sua infanzia e adolescenza i genitori sono stati presenti ma assenti.
Gli chiedo se può chiarirmi meglio questo punto. Dice che sua madre è sempre stata molto dedita e brava al lavoro di commerciale alla vendita dei prodotti della loro azienda e il padre sempre molto impegnato alla produzione del prodotto finito. Dice, quindi, di avere avuto due genitori bravi con i quali però non ha potuto mai esprimersi, manifestando una preferenza verso la madre che dice: vorrei abbracciarla spesso ma non ci sono mai riuscito ed è rimasto solo un mio desiderio.
Con il padre ha invece un rapporto un poco conflittuale, anche se esprime di voler bene a entrambi i genitori. Dice di avere avuto una vita familiare tutto sommato piacevole anche se poi si è presentata la separazione tra i genitori che tuttavia ha vissuto bene in quanto lui ha cercato di mantenere sempre buoni rapporti con loro sia pur nella difficoltà della separazione nella quale i due coniugi non si sono più relazionati tra loro. ha una sorella più grande con la quale attualmente non è in buoni rapporti mentre ha un rapporto quasi fraterno con suo cugino al quale si rivolge nei momenti di crisi.
Si mostra un ragazzo consapevole di sé e delle sue problematicità e con un esame di realtà definito e desideroso di uscire dallo stato di malessere in cui si trova e con il il desiderio di realizzarsi come persona in ambito lavorativo nell’azienda familiare.
Mi racconta di avere avuto una relazione per molti anni, con una ragazza della sua stessa età, verso la quale ha provato un forte senso di colpa per non esserle stato vicino quando lei chiedeva a lui più vicinanza e più espressività di affetto. Sente di averla fatta soffrire e prova dispiacere per questo. I due attualmente non si vedono né si sentono. Dice: devo prima curare me stesso altrimenti non posso relazionarmi in modo sano con lei.
A volte si sente impaurito di poter far del male anche solo col pensiero a qualcuno dei suoi cari e quando tali pensieri gli affollano la mente, cerca di scacciarli via ma questi riaffiorano.
Nonostante l’attivazione quotidiana di questi pensieri nella sua mente è molto determinato e trova nell’incontro settimanale in seduta una fonte di aiuto.
Prendiamo appuntamento per la settimana successiva: durante questo periodo mi manda dei messaggi dove si mostra preoccupato nel gestire i pensieri che lo spaventano e sempre collegati alla paura di poter far del male a chi vuole bene. Trova rassicurazione nelle mie risposte ed è molto fiducioso verso i nostri incontri. Coinvolge anche la famiglia in questo suo entusiasmo. I genitori mi chiamano e si crea con loro una buona alleanza molto utile e preziosa sia per lui che ora li senti vicini che per gli stessi genitori che si trovano a gestire la relazionalità familiare in modo collaborativo per il benessere del figlio.
Il giorno della seconda seduta mi chiama volendo anticipare l’orario perché si sente scosso. Viene in studio e mi parla dei suoi pensieri che lo divorano, così si esprime. Noto una certa precarietà e propongo a Lorenzo il test CESPA ed il questionario sulla valutazione di significato personale. Iniziamo dal CESPA d’accordo che nelle prossima seduta effettueremo in presenza anche il questionario sulla valutazione di significato personale. Lui acconsente senza indugiare.
In questa seconda seduta presenta anche uno stato depressivo e noto che al fine di ridurre i pensieri ossessivi ricorre ad una modalità di pensiero magico per soffocare i pensieri che creano in lui paura ansia e tensione.
Vengo ora ad esplicitare quanto emerso dello svolgimento del test CESPA:
C: la situazione, il contesto. Sta lavorando insieme al padre nell’azienda agricola di famiglia. Il padre gli chiede di sistemare nella botte il vino. Non sa bene come fare non è abituato a chiedere al padre, e prova a modo suo. Il risultato è che il lavoro viene fatto in un modo non pienamente corretto ed il padre si arrabbia con lui. Lui gli risponde in modo aggressivo dicendogli: tu non me lo insegni, mi dici solo di fare questo e quello!
E: emozione: prova rabbia, frustrazione e una forte irrequietezza
S: sensazione: prova una forte tensione alla testa
P: pensiero: mio padre è uno stronzo, mi chiede di fare ciò che non conosco senza spiegarmi come si fa, mentre io vorrei saperlo
A: azione: se ne va per raggiungere il cugino con il quale cerca di confidarsi
Sistema motivazionale: sistema di rango
Il modello operativo interno: voglio imparare ad imbottigliare il vino ma mio padre non mi capisce
Lo stile di attaccamento che possiamo individuare è: un attaccamento insicuro evitante
Lo scompenso che si può generare è: uno scompenso DOC (disturbo ossessivo compulsivo) e DEP (disturbo depressivo).
Nella terza seduta ho sottoposto il questionario sulla valutazione di significato personale ed è emerso un punteggio superiore a 70 ovvero un alto rischio scompenso per quanto riguarda il disturbo ossessivo compulsivo ed un punteggio di 70 per quanto riguarda il disturbo depressivo
In seduta rielabora il suo vissuto con i genitori durante l’infanzia e successivamente in età adolescenziale: dice che vuole bene ai suoi genitori tuttavia non è riuscito mai ad esprimere loro la sua affettività né a riceverne, così come non è mai riuscito nel manifestare le emozioni che provava in quanto i genitori erano quasi sempre assenti per lavoro e quando presenti non erano disponibili ad ascoltarlo.
Crescendo entra in relazione con il femminile e prova difficoltà a manifestare affetto e ad esprimere le sue emozioni. Le sue relazioni durano poco tempo e sono caratterizzate da confusione e sensi di colpa per non aver fatto di più per dimostrare il suo affetto.
Nella quarta seduta mi parla di un episodio che lo ha reso rabbioso ovvero ha avuto pensieri ossessivi determinati dall’emergere di una emozionalità non codificata con gesti ripetitivi consumati nell’aprire e chiudere più volte il tappo delle botti del vino. Dice: ho pensato di andare fuori di testa e di perdere il controllo di me stesso.
Vista la frequenza e l’intensità dei pensieri ossessivi e dell’agire compulsivo, ho proposto di effettuare un colloquio presso il Csm del suo luogo di residenza per un’eventuale supporto farmacologico. Accetta questo invito.
L’invio al Csm risulta necessario per ricondurre la percezione soggettiva di minaccia che avverte ad una modalità di pensiero funzionale e quindi poter continuare il percorso clinico. Ha bisogno di riformulare questi suoi pensieri che hanno carattere magico e che lo portano ad un agire compulsivo che da molto tempo sono caratterizzanti.
Ad ogni modo presenta risorse appropriate ad intraprendere il percorso clinico al fine di migliorare la sua qualità di vita come lui stesso desidera.
In seguito alla visita effettuata al CMS vengo contattato telefonicamente dal responsabile del servizio il quale mi chiede disponibilità ad un colloquio tra lui, me e il paziente al fine di rendersi consapevole del percorso che sta svolgendo presso il mio studio, e per poter valutare meglio la tipologia ed il dosaggio dei farmici che intende somministrargli. Accetto di buon grado l’invito.
Si crea così un’alleanza con il dirigente del Csm il quale, al termine del colloquio prescrive due farmaci: Prozac/fluoxetina antidepressivo inibitore della ricaptazione della serotonina, farmaco indicato per il disturbo ossessivo compulsivo ed il farmaco EN/benzodiazepine come regolatore dello stato ansiogeno e di aiuto al sonno. Entrambi i farmaci sono stati somministrati con dosaggi minimi.
A distanza di 15 giorni dovrà effettuare la seconda visita di controllo presso il CSM alla quale il Dirigente del centro mi ha invitato a partecipare in presenza anche dei genitori. Nel frattempo continuerà a recarsi da me in seduta una volta alla settimana.
L’incontro con i familiari al CSM è risultato molto importante a ripristinare e rafforzare rapporti di collaborazione tra le diverse figure professionali e i rapporti il paziente e i suoi genitori. il paziente ha percepito questa collaborazione come un dedicarsi a lui e la possibilità di poter parlare di sé rimanendone molto contento.
A conclusione del colloquio il dirigente del CSM ha ritenuto, dal momento che il paziente presentava già un rientro dai suoi pensieri ossessivi ed azioni compulsive, di ridurre il farmaco EN, al fine di permettere a Lorenzo di percepirsi meglio in seduta e nel quotidiano, lasciando inalterata la somministrazione del Prozac, con l’accordo di buon grado accettato da tutte le parti in causa che Lorenzo verrà presso il mio studio una volta alla settimana e ogni 15 giorni ci sarà un confronto presso il CSM che vedrà coinvolta la mia figura, quella del Dirigente, lo stesso paziente e la famiglia.
Questa disponibilità ha permesso al paziente di sentirsi più tranquillo e di essere considerato, visto e seguito sia dalle figure professionali che dalla famiglia.
Nelle sedute successive ho proposto l’apprendimento del Training Autogeno come strumento e metodo clinico per imparare a gestite gli stati di ansia e per avere la possibilità di entrare meglio nella percezione di Sé e cogliere le emozioni che vive e dare a queste un nome e un significato. Il paziente mostra interesse e una seria dedizione all’allenamento.
Attraverso il training autogeno nei suoi protocolli riesce a raccontare se stesso e osservare se stesso dall’interno verso l’esterno e non più come prima esclusivamente dall’esterno fino ad osservare il suo comportamento e comprendere i suoi pensieri e i suoi atteggiamenti.
Negli incontri successivi presenta una minore disfunzionalità di pensiero ed un maggiore riconoscimento dello stato di realtà. Lo invito ad allenarsi a gestire i suoi pensieri e le sue azioni e a dare spazio alle sue emozioni. Per la prima volta si mette a piangere. Cessato il pianto mi dice grazie adducendo che questa è stata la prima volta che, dopo tanto tempo si è commosso, e che ora si sente meglio.
Ad oggi il paziente presenta una riduzione significativa del disturbo ossessivo compulsivo e depressivo.
Attraverso il contenuto emerso applicando il Training Autogeno ha riscoperto il piacere per il canto che aveva da tempo abbandonato. Presenta un certo talento e una marcata creatività nel comporre da sé testi e sonorità con una piacevole voce intonata.
La musica ed il canto gli permettono di riappropriarsi del suo sentire interiore e di vivere l’emozionale, l’eros, ovvero il piacere di fare ciò che gli piace. Attraverso la musica riesce a raccontare di sé a se stesso e al mondo esterno.
Il paziente è stato incuriosito anche da un libro scritto da me e che ha visto in studio volendolo acquistare.
A distanza di pochi giorni mi manda un importante messaggio registrato che contiene un suo nuovo brano musicale da lui scritto e cantato e a seguire un messaggio vocale a me indirizzato che riporto fedelmente:
Dice: “Sono arrivato a pagina ventiquattro del suo libro ed ho letto come lei ha descritto i suoi vissuti e posso dire che nel mio presente ciò che ho letto mi ha colpito e aiutato moltissimo a riflettere. Anche in famiglia si sono resi conto che sto migliorando. Grazie”
La mia risposta: “Mi fa piacere che sta meglio, è attraverso il lavoro su se stessi che si riesce a dare un senso al proprio sentire e lei già dalla prima seduta hai manifestato la sua volontà di metterti in discussione per capire chi è e cosa vuole. Le risorse come vede le ha. Può, a mio avviso, continuare nel suo cammino di crescita personale e sviluppare le qualità che riconoscerà di avere.”
Riflessioni:
Soggetti con un attaccamento insicuro evitante tendono a diventare “autonomi e indipendenti” evitando l’aiuto e il confronto dei genitori e minimizzando l’importanza delle relazioni intime e delle emozioni. Manifestano una forte resistenza emotiva evitando contatto fisico con gli altri.
Ebbene il paziente è oggi in una fase di sofferta e faticosa rivisitazione del suo vissuto familiare e non solo. Sta agendo attraverso la fiducia che ha potuto vivere nella relazione clinica e attraverso l’alleanza che si è creata tra psicologo e paziente e tra paziente, psicologo, psichiatra e familiari vive un nuovo stato d’animo. E’ capace ora di cogliere, definire e vivere meglio le sue emozioni anche se non sempre riesce a manifestarle. Ha inoltre deciso di smettere di fumare ed abbiamo pertanto applicato attraverso il Training Autogeno una formule intenzionale per mantenere l’allontanamento dal desiderio del fumo.
Il ragazzo come dicevo ha molte risorse. E’ molto intelligente, sensibile e forte. Ha ripreso anche gli esercizi fisici: si allena quasi tutti i giorni per mantenere integra la sua la fisicità e questo lo aiuta anche a livello cognitivo nel sviluppare un pensiero funzionale.
Si sta distaccando dalle figure genitoriali, inizialmente con qualche difficoltà, ora con la coscienza che lui è una identità unica. Pertanto anche il rapporto con i genitori oggi diventa un rapporto gestibile nella consapevolezza di cosa lui vuole per se stesso e di cosa non vuole più.
Il lavoro nella azienda di famiglia continua con molta soddisfazione per Lorenzo, entusiasta, dice, di questo nuovo “Sentirsi ed Essere”.
Jesi, 12/11/2024
Dott. Gabriele Campanella
Psicologo Clinico