La ricerca della via interiore “tramite il senso nella psiche” è una condizione esistenziale. E’ quel percorso o viaggio che si deve compiere se non si vuole restare nell’inconsapevolezza, triste ed irresponsabile, di un vivere privo di significato.
Mi ricordo un detto: è camminando che si traccia la via.
Nella mia esperienza di vita mi sono potuto rendere conto che la ricerca della via personale, è un qualcosa di molto difficile da individuare, e non si sa, né come, né quando, né se, arriverà il giorno in cui si acquisisce la consapevolezza.
Si passa molto tempo a compiere azioni e a vivere situazioni che, valutate a posteriori, ci danno il senso di un agire senza consapevolezza.
Il valore della vita è un totale che passa attraverso il vivere in quanto tale. E’ il modo in cui si vive la vita che determina quelle che sono le domande personali, che ad un certo punto ci si deve porre. Queste domande sono collegate ad un passato ma affiorano nel presente esistenziale dell’individuo in un momento preciso, dove non c’è premeditazione. L’ascolto di sé mette in luce la necessità di dare risposte ad interrogativi che probabilmente non ci si è mai posti per “superficialità” o per impossibilità o incapacità a gestire uno stato emotivo tale da mettere in crisi il proprio esistere.
L’uomo, spesso, si adagia e cerca di prendere il più possibile sviluppando un atteggiamento psichico che diventa un automatismo inconsapevole ed involontario. Il risultato è che si crea l’abitudine ad un vivere proiettato all’esterno e spesso, o quasi sempre, diretto al consumo di un qualcosa, ad esempio di un oggetto, rivolto a colmare un vuoto esistenziale. Il consumo può essere anche riferito ad un soggetto: ad esempio l’amico/a o la ragazza/o possono essere “usati” come merce di scambio con la propria “ombra” affinché essa non venga a stravolgere lo stato emotivo ed esistenziale. In tal senso non si riescono a vivere rapporti di amore e amicizia autentici ma superficiali, dove il sentimento è ben lontano dalla sua autentica manifestazione. L’unica possibilità di avere coscienza di sé va ricercata in noi stessi.
La ricerca della “via” può essere intesa come la ricerca personale introspettiva di sé, che permette di definire meglio i nostri desideri e realizzarci, ad esempio, in ambito sentimentale, lavorativo, familiare etc. La ricerca di sé nella dimensione “dell’educazione al senso nella psiche” ha caratterizzato il mio percorso formativo. Ho potuto risolvere i sintomi psicosomatici attraverso le sedute di psicoterapia individuali e l’applicazione del metodo del training autogeno di J.H. Schultz.
Scevro quindi da un vivere emozionale esplosivo, mi sono potuto dedicare alla costruzione dell’IO necessaria per lo sviluppo della coscienza di Sé. E’ stata necessaria una operazione di “demolizione” di una impalcatura ormai divenuta pesante, ingombrate e inutile da portare con se. Ciò ha permesso di avvicinarmi ad una realtà nuova, ora conoscibile, determinando una nuova dimensione esistenziale.
A volte c’era la pretesa in me di capire subito e risolvere le problematiche senza dovere aspettare chissà quale tempo. Niente di tutto ciò e possibile. La comprensione della coscienza di sé richiede molto lavoro e fatica e spesso si passa attraverso la sofferenza anche profonda.
Mi sono potuto rendere consapevole processi mentali disfunzionali. Pensiamo ad esempio all’atteggiamento prefigurativo: il soggetto si prefigura un qualcosa che non sa e non può prevedere. Una problematica di questo tipo determina un distacco dalla realtà e una immaginazione la futuro. Pensiamo ad esempio che dobbiamo sostenere un esame universitario. Siamo preoccupati perché volgiamo superarlo per il nostro obbiettivo di laurearci e questo e corretto. Ma prefigurando, come accade nella maggioranza dei casi, che ad esempio l’esame vada male o che prenderemo un voto basso, contaminiamo la nostra psiche creandoci stati ansiogeni e un dispendio di energie inutile in quanto nessuno può sapere come andrà. Possiamo solo prepararci il meglio possibile. Questo atteggiamento della prefigurazione è molto comune e radicato in noi perché l’uomo deve poter controllare gli avvenimenti non rendendosi invece conto che l’unica cosa certa che può conoscere è il presente, mentre il domani non esiste e il futuro è una proiezione illusoria. Molti stati emozionali legati alla prefigurazione, a volte, portano a patologie ed a un vissuto psicosomatico alterato e distorto e quindi al malessere anche cronico. La via per il recupero di un corretto e sano equilibrio psichico consiste nel rendersi conto del reale, nel quid ora dell’accadere, e nello sviluppo della percezione al sentire ciò che la mente sta’ producendo. Si recupera, attraverso la sensazione, il significato del vissuto, lo si elabora e si arriva ad un corretto funzionamento mentale. Questo percorso richiede la presa di coscienza di come si è, la motivazione al cambiamento ed un lungo e costante allenamento al corretto pensiero. Ciò vale per qualsiasi situazione noi viviamo. Pensiamo ad esempio che stiamo attendendo il risultato di un esame clinico e che ci si inneschi questo automatismo prefigurativo. L’immagine al futuro diventa per noi reale e la viviamo come realtà prefigurandoci ciò che accadrà e che di solito ha un contenuto negativo. I sintomi che ne possono derivare sono diversi. Questo sembra incredibile ma accade: ci auto-produciamo dei sintomi sulla base di una nostra immaginazione de-realistica e viviamo quei sintomi che sono dannosi per noi. Educhiamoci quindi al vivere momento per momento, giorno per giorno. Solo così si rimane nel reale e si vive la vita per come è e per come la sentiamo.