Amare nella consapevolezza del Sé

dott Gabriele Campanella psicologo Ancona

13 Maggio 2024

Amare nella consapevolezza del Sé; che significato ha viverlo nel nostro quotidiano

Gli interrogativi che mi sono posto sono stati: cosa significa amare nella consapevolezza del sé e cosa significa vivere l’amore nel nostro quotidiano.

Cercando di dare una risposta il più possibile esaustiva mi viene da dire che amare nella consapevolezza di sé richiede lo sviluppo del sentire ossia la capacità di entrare in rapporto di ascolto con la nostra interiorità e di modificare il proprio modo di essere, per arrivare alla separazione IO- TU,  che ha come obbiettivo lo stare bene con se stessi e in relazione con l’altro.

Sviluppando la capacità di sentirsi, ll

L’amare diventa un amare nella consapevolezza del sé. Quando si giunge a parlare di questo si è diventati protagonisti della propria vita.

Il metodo è costituito dal percorso: fatto esistenziale a cui partecipiamo, sentire, elaborazione, consapevolezza, azione.

La sensazione, cioè ciò che sentiamo, è una potenzialità e pertanto occorre un lavoro per svilupparla affinché essa sì attualizzi.

Il sentire va educato e può diventare uno strumento importante di stabilità.

Sviluppando il sentire l’uomo può trovare la via personale alla vita che parte però già da una premessa, quella che noi siamo già qualche cosa, abbiamo cioè una ereditarietà, una storia, una cultura, una introiezione eccetera.

L’uomo ha come libertà quella di trovarsi la via.

Il metodo non dice quello che noi siamo ma dà la possibilità di essere consapevoli di chi siamo e di poterlo esprimere nella maniera migliore per come vogliamo e a chi vogliamo.

Questo è il senso della libertà.

Per ascoltarsi e capire chi si è e sapere quello che si vuole dobbiamo separarci dall’altro e dal mondo.

Occorre sviluppare pertanto la capacità di concepirsi sia nel piacevole che nello spiacevole e non attribuire il piacevole a se stessi e lo spiacevole all’altro oppure scartarlo.

Per cui se vogliamo essere contenti dobbiamo esserlo in funzione della realtà e la realtà siamo noi.

Ecco la rivoluzione ovvero prima ancora del rapporto con l’altro c’è il rapporto con il sé cioè io chi sono.

Il riconoscere quello che si è non può che passare attraverso la concezione dell’individualità ossia mi devo concepire come solo, con delle potenzialità e la capacità di svilupparle; poi c’è la relazione.

Necessaria è anche l’ autonomia: due persone se vogliono stare insieme devono starci per libera scelta e perché condividono lo stesso interesse. Allo stesso tempo ognuno ha il proprio sentimento. Nello stare in coppia i soggetti devono stabilire delle regole e vivere la coppia in modo consapevole. La comunicazione è fondamentale ed è quella consapevole e personale.

La coppia può diventare quindi una prospettiva di crescita per entrambi.

Amore e autonomia devono per forza andare insieme altrimenti l’amore finisce. Se non c’è autonomia l’altro diventa automaticamente il limite alla mia vita o io alla sua.

Così l’amore è qualcosa di spontaneo e di personale.

Il problema è che noi non lo sappiamo definire e lo generalizziamo e collettivizziamo. La capacità a concepire l’amore come dato personale richiede una maturità perché ad esempio se io ho paura di rimanere solo non svilupperò l’amore ma amerò in una dimensione di dipendenza.

Altro importante aspetto è quello di uscire dal bisogno fisiologico e dare a questo bisogno un dato sentimentale senza tuttavia rimanere in un amore platonico ovvero solo sentimentale.

La necessità poi di comunicare ci pone il problema di trovare il mezzo adeguato per comunicare con chiarezza. La comunicazione nasce dall’ interiorità e questo implica la necessità di un lavoro introspettivo e la ricerca di un metodo in quanto si può esprimere solo quello che si conosce di noi.

Non va dimenticato che restare completamente in una condizione di essere solo può portarci a vivere il mondo in modo paranoide; per cui nonostante il mondo vada capito in base alle nostre personali ed uniche sensazioni, l’altro ci serve per comprendere meglio il mondo in quanto possiamo avere degli errati giudizi sulle nostre impressioni e sulle nostre sensazioni; Quindi l’altro ci serve come verifica.

Attraverso la sensazione conosciamo l’inconscio quale manifestazione di un qualcosa che non è razionale ossia frutto di ragionamento ma è la manifestazione di quello che noi proviamo.

Attraverso il concetto di separazione io- tu, si arriva alla costruzione della propria identità e questo porta all’atteggiamento di ascolto, alla non prevaricazione e al riconoscimento della diversità altrui rispetto alla nostra e così  migliora il rapporto. In tal modo c’è meno ansia, meno paura e si arriva ad un comportamento che può funzionare in una relazione. La separazione io- tu diventa la possibilità di conoscersi e di sviluppare il benessere personale per poi rivolgersi all’altro e al mondo.

Possiamo quindi dire che l’IO è il sistema immunitario della psiche; se non c’è un IO non c’è una difesa.

Il fine è allenarci a cogliere la sensazione che cambia in base al momento, alla situazione e da persona a persona. Questo ci dà il senso della soggettività: ognuno è se stesso.

L’obiettivo è quello di riconoscersi per come siamo giorno per giorno. Avere la capacità di ascoltare ciò che si sente ci dà anche la grande libertà dal giudizio altrui, perché ciò che l’altro vede non è ciò che io sono.

Il vero principio di realtà non è e non può essere solo l’entrata nella psiche della percezione di un mondo esterno ma l’avvenuta percezione della differenza e distinzione tra mondo interno e mondo esterno. Quindi esistono due mondi  entrambi nella loro diversità. La cosa più difficile è rendersi conto che la persona è sola e questo viene vissuto in maniera negativa e problematica come se fosse un momento di difficoltà. In realtà essere solo è la base per essere se stessi perché si è soli oggettivamente. L’essere solo non è un fatto negativo o spiacevole ma è l’inizio della piacevolezza perché ti piace ciò che da te nasce e ciò che da te sviluppa e si realizza.

Il cambiamento comporta uno stato di crisi che va visto come positivo perché ti crea uno squilibrio e così per ritornare all’equilibrio devi poi pensare e lavorare. Tutto ciò porta a qualcosa che è nuovo e che va conosciuto, compreso è saputo vivere. Senza crisi non si può cambiare.  Chi non va in crisi è perché con la crisi sei messo in stato di incertezza e di instabilità. Ma se si vuole cambiare l’incertezza e l’instabilità sono doverosi. Anche l’aspettativa di vita è un fatto oggettivo che fa cambiare la percezione della realtà e il modo di sentire e di vivere.

L’unica salvezza è ascoltare ciò che si sente: allora siamo noi con i nostri errori e limiti che viviamo la nostra vita altrimenti sarebbe una vita condizionata e regolamentata da altri come è stato ed è ancora oggi con la globalizzazione che ha portato al condizionamento globale.

Venendo ora a dare significato all’ amare nel nostro quotidiano:  l’amare è il costitutivo dell’individuo come dimensione dell’uomo. Amare significa sviluppare la capacità di amare e ciò richiede un lavoro che parte dalla persona.  Quello che poi si sviluppa va messo nella dimensione della relazione.  Così l’amore è inteso come capacità personale legata alla necessità di essere in relazione per soddisfare i bisogni. Il soffrire fa parte dell’amore: si pensi al riconoscimento dei propri difetti che è amarsi in quanto è possibilità di cambiarli.

Così l’amore è il contrario del rimuovere ciò che non ci piace. L’individuo che non ama è patologico poiché l’uomo nasce con questa disposizione- facoltà altrimenti non ci sarebbe l’incontro con l’altro. L’amore può essere contraddizione, bellezza ma anche tragedia. La parola amore è un simbolo al quale ognuno di noi dovrà dare significato. Per dare significato bisogna passare attraverso l’esperienza e non si può concepire la vita solo come fatto razionale.

Pertanto quando ci sono due persone che collaborano c’è la possibilità di conoscere l’intero. Questo dà anche il senso e la necessità della relazione.  Possiamo quindi dire che ci sono quattro fasi della vita dell’individuo: nella prima l’individuo è completamente dentro l’ambiente; nella seconda l’individuo è in mescolanza con il mondo esterno ma comincia a ridursi questa mescolanza e la psiche interviene nell’esterno con una leggera autonomia; la terza fase in cui l’individuo ha una psiche che sviluppa certe funzioni ma non è completamente libero dall’esterno ed infine una quarta fase in cui l’individuo si è separato e quindi ha fatto la separazione IO-TU. In tal caso si definisce arrivando al principio di realtà. Ricordiamo che con la ragione non c’è mai la certezza poiché non si definisce niente; l’unica certezza è ciò che sentiamo. In questa prospettiva il discorso dell’amare lo definiamo come condizione interiore ovvero un modo di essere personale che non si riferisce all’altro. Noi comunemente attribuiamo il nostro sentimento all’altro: ad esempio mi sono innamorato perché lui o lei è  in un certo modo … invece siamo noi che ci trasformiamo nell’amore in relazione con l’altro.

Amare è dunque una disposizione naturale, quando lo attribuiamo all’altro entriamo in una dimensione di dipendenza.  Si può amare in modo proiettivo, dipendente, infantile oppure in modo autonomo ovvero io sono io e mi relaziono con l’altro per condividere quello che in due è possibile condividere e che non può essere il condividere tutto.

Così se voglio realizzare l’amore in relazione devo innanzitutto conoscere la mia modalità di esprimere il sentimento. Comunemente invece ci si lamenta di come l’altro ci ama. Anche il fidarsi è fondamentale sia per se stessi che in relazione. Fidarsi o non fidarsi in realtà è un sentimento legato alla propria dimensione di amare. La fiducia è un modo di essere.  Avere fiducia  è vivere e manifestare questo modo di essere.

Vivere la relazione d’amore richiede presenza e sviluppo ed una consapevolezza di entrambi.

In relazione passiamo dall’assoluto dell’IO al relativo cioè io in relazione con l’altro.

Ci possiamo chiedere:  amare è solo essere corrisposti ? La risposta è no! Amare diventa un nostro modo di essere senza limiti perché riguarda solo noi. In tal senso si può amare senza essere corrisposti come condizione personale: ovvero io amo! Non è più io amo qualcosa ma io amo è il totale; l’altro diventa una parte che entra all’interno del mio amore e l’altro non può essere tutto il mio amore.

L’amore non è solo rivolto all’altra persona ed infatti possiamo anche affermare che è felice chi ama ciò che fa nel senso di quello di cui si occupa o dell’interesse che ha.

Per relazionarsi con l’altro occorre sviluppare la morale e l’etica ossia le regole e questo non è un fatto naturale ma una costruzione dell’uomo. Noi viviamo la regola di solito in modo negativo come limitazione della libertà. In realtà dovrebbe essere una necessità.

Il vivere in relazione richiede anche lo sviluppo della pazienza che significa patire per ciò che non ci piace. Se non si sviluppa la pazienza si entra in genere nella prevaricazione e pretesa che sono due elementi infantili. Il sacrificio è rendere sacra una mia azione che non è rinuncia a qualcosa. In genere le persone non hanno le regole e vivono nel pensiero magico del tipo lui o lei sa già ciò che io voglio. In tal modo se l’altro non capisce ciò che voglio significa che non mi ama.  Le regole che ci diamo richiedono un lavoro introspettivo riflessivo ciò significa percepire quello che facciamo, stabilire come si vuole vivere, rende oggettivo il comportamento.

Amare se stessi significa stare bene, coltivare le proprie qualità, sviluppare le proprie potenzialità. Una volta sviluppato posso dare agli altri, se voglio e quando voglio.  Se vuoi aiutare un altro devi stare bene prima tu e quindi ti devi assistere, alimentare in modo corretto e sviluppare lo Spirito, i principi, l’intelligenza e quindi lavorare, con tutti i limiti del caso. In questo modo si è utili. Purtroppo nell’uomo c’è in genere la presunzione di credere di fare qualcosa per l’altro; ma anche se si fa un favore a qualcuno lo si fa per se stessi in quanto lo si sente nel proprio spirito.

 

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